Le notti blu, il nuovo
romanzo di Chiara Marchelli edito da Giulio Perrone e candidato al
Premio Strega 2017, si inabissa nel dolore di una famiglia normale e
prende le mosse dalla scomparsa per radiografare i vettori, spesso
imprevedibili, che si originano dall’elaborazione del lutto.
La storia è imperniata sul suicidio di Mirko, studioso di geografia e
figlio di Larissa e Michele – solida coppia che vive a New York.
L’evento improvviso scuote le loro vite e quella di Caterina, moglie di
Mirko che deve affrontare anche un altro evento imprevedibile. Infatti,
come a rimarcare una sorta di strano scherzo del destino, al momento
della morte si avvicenda il momento della vita: Larissa, Michele e
Caterina scoprono che Mirko ha avuto una relazione con un’altra donna,
rapporto da cui è nato un figlio.
Fra i due poli antitetici si apre lo spazio narrativo disegnato da
Chiara Marchelli, e si tracciano le coordinate di personaggi in
conflitto fra loro, ingabbiati in rapporti ambivalenti e che nascosti
dietro la complessità di una quotidianità borghese. Il primo rapporto
sul punto di implodere è quello matrimoniale fra Larissa e Michele: le
differenti reazioni al lutto li portano sull’orlo della crisi. Da una
parte c’è Michele, chiuso nel perenne ricordo del figlio (il titolo Le notti blu
deriva infatti dalle notti insonni che Mirko gli «lascia in eredità»
dopo la morte); Michele rimugina sul lutto e sente che niente può dirsi
più familiare:
Non avrebbe mai pensato d’altronde di perdere Mirko. Non è nell’ordine
logico delle cose. Non si muore dopo i propri figli. Non si va a
recuperare il loro cadavere da un letto, sfigurato da un incidente,
devastato da una malattia. È per questo che tanti titubano, all’idea di
mettere al mondo un figlio? Sapersi incapaci di reggere quell’eventuale
inammissibile dolore? Perché è vero, è un dolore che non si può reggere.
E se non se ne muore si procederà per sempre dentro i contorni di una
cosa diversa, in cui sarà impossibile trovare una qualsiasi forma di
pace.
Al desiderio di regressione di Michele si oppone l’implacabilità della
moglie Larissa, la reazione della donna è di rabbia: la ricorsività dei
gesti quotidiani diventa la corazza dietro cui difendersi; il mutismo,
la performatività, l’aggressività, sono le armi con cui recidere il
ricordo e rimuovere il lutto. Allo stesso modo la reazione alla scoperta
di essere nonni è profondamente diversa: Michele vuole conoscere il
bambino, rivedere nel suo sguardo il volto del figlio. Invece Larissa
non crede alle parole della madre, tenta in tutti i modi di mettere in
discussione la verità. Nella cellula del rapporto coniugale esplode il
conflitto, la perdita si struttura come un orizzonte temporale perenne
in cui il matrimonio viene meno nella sua natura di legame.
Ma non è solo la storia di un baratro
coniugale, perché l’estraneità si insinua anche fra Larissa, Michele e
Caterina. I genitori di Mirko si rendono conto di non conoscere la
moglie del proprio figlio, il silenzio che si allarga nelle loro
conversazioni è il medesimo dell’incontro con l’amante di Mirko. La vita
del figlio è a loro estranea, per quanto abbiamo cercato di formarlo e
seguirlo – per quanto la loro vita sia costellata di ricordi insieme –
l’essere genitori rimane un mistero. Reciso il legame con Mirko,
Caterina ritorna a essere una sconosciuta, a sopravvivere è
l’incomunicabilità fra nuora e suoceri.
E il mistero della vita di Mirko è anche l’ignoto della sua morte,
perché Mirko ha compiuto il gesto del suicidio. Se Larissa e Michele si
interrogano incessantemente sull’azione estrema, non posso fare altro
che approdare alla medesima conclusione: l’inconoscibilità.
Un ignoto che la scrittura di Chiara Marchelli tratta in modo
antiretorico, affidando alla resa psicologica dei protagonisti
considerazioni e ipotesi. La grande forza della prosa dell’autrice
risiede nella natura di appunto, la facilità della frase che sembra
strutturarsi come pensiero istantaneo, sulla pagina la realtà si disvela
passo dopo passo, nella memoria di Michele i ricordi sono generati da
minimi dettagli. Le domande sul dolore e sul lutto rimangono senza
risposta, perché la realtà non può darsi come meccanica precisa, eppure
avere la forza di porsele è l’unico modo per andare avanti.
Non c’è solo la famiglia nel romanzo
della Marchelli: c’è anche l’intersezione fra generale e particolare. Il
particolare è una famiglia alla deriva, il generale è composto dai
luoghi che abita, dal brodo di coltura che l’ha generata. Allora alla
narrazione sincronica del dolore si sovrappone il piano diacronico dei
luoghi abitati da Michele e Larissa: l’Italia in cui Mirko è voluto
tornare, la New York della gioventù che si trasfigurata nel città
caotica della contemporaneità, la cafonaggine delle cime turistiche di
Courmayeur in cui si consuma l’incontro fra la famiglia di Mirko e la
sua amante segreta. E ancora i saperi che Michele ha cercato di
trasmettere al figlio, le teorie che nella loro complessità non riescono
a spiegare le emozioni umane. Si parla tanto in questo libro: storia,
teoria dei giochi, nozioni di geografia. La cultura diviene uno scudo in
cui annullarsi, una monade da cui sfugge sempre l’elemento irrazionale
dell’umano.
Chiara Marchelli costruisce una storia sul vuoto, un vuoto che non ha
risposta ma che genera una miriade di frattali: sono i lacerti della
vita quotidiana che dobbiamo affrontare, i lutti che irrimediabilmente
ci troviamo a incontrare nel nostro percorso. Dunque è meglio
prepararsi, senza scendere nel patetismo e senza però dimenticarsi del
gradiente emotivo delle nostre biografie, una componente di quieto
sentimento che Marchelli non manca di rendere sulla pagine, e che rivela
il nucleo ultimo di questa preziosa narrazione.
Giovanni Bitetto nasce ad Andria nel 1992. Attualmente risiede a Bologna, città in cui studia Italianistica. Da sempre appassionato di musica e letteratura, ha scritto per varie fanzine e blog. Collabora con la rivista online di arti indipendenti Rivista!Unaspecie. Ha fatto parte di diverse antologie di racconti patrocinate dal collettivo Wu Ming. Ha pubblicato racconti su Nazione Indiana. Nel tempo libero mangia gelati, guarda match di wrestling e ascolta noise.